summary between risk and protection the assessment of parenting skills
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Riassunto Tra rischio e protezione. La valutazione delle
competenze parentali
Psicologia dello sviluppo tipico e atipico (Università Cattolica del Sacro Cuore)
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TRA RISCHIO E PROTEZIONE: LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE PARENTALI
Capitolo 1: fattori di rischio e fattori protettivi nella valutazione delle competenze parentali: la
cornice teorica di riferimento
La cornice teorica di riferimento: il modello process-oriented
Il protocollo sui fattori di rischio e sui fattori protettivi nasce per valutare i bambini che vivono
relazioni familiari caratterizzate da difficoltà e disagio, e deriva dall’esperienza clinica e di ricerca
realizzata in questi anni nell’ambito delle problematiche della promozione della salute, della
prevenzione e della valutazione e trattamento delle famiglie e dei bambini vittime di violenza e
abusi.
Esso si ispira all’approccio process-oriented usato nella psicopatologia dello sviluppo per
descrivere la complessa articolazione di elementi che entrano in gioco nei percorsi evolutivi e nei
processi sottesi alle dinamiche dell’adattamento e del maladattamento.
Il percorso elaborato dal Centro del Bambino Maltrattato (CBM) di Milano prevede diverse fasi:
una prima fase di rilevazione per raccogliere gli elementi salienti sulla intera situazione familiare e
una seconda di valutazione del danno subito dal bambino.
Se viene rilevato un danno sono possibili due percorsi: il primo caratterizzato da danno lieve e da
richiesta spontanea della famiglia, che rendono possibile l’intervento con la collaborazione della
famiglia stessa; il secondo connotato da grave danno del bambino e da incapacità del genere
nell’accettare il sostegno che rendono necessaria una segnalazione per tutelare il minore.
Il danno per il bambino deriva inevitabilmente dal fallimento parentale, da omissioni o da azioni
intenzionali o non intenzionali connesse alle pratiche di accudimento.
L’esito di adattamento o di maladattamento delle competenze genitoriali è un percorso costellato
da eventi accidentali, incontri, legami e da prerequisiti che acquistano il loro significato alla luce
della dinamica processuale e delle interconnessioni tra i diversi elementi.
Abbiamo creato un grafico del modello process-oriented (pp.22):
nella parte sinistra troviamo i fattori biologici, genetici e psicologici, gli elementi della storia o delle
condizioni di tipo sociale, ambientale familiare e individuale che influenzano il modo in cui i singoli
fanno i genitori; la parte centrale è denominata funzionamento dei genitori e riguarda i processi e
le risposte dell’individuo che possono mediare la relazione tra le influenze sociali e ambientali
passate e attuali, e gli esiti connessi all’adattamento o al maladattamento.
Le singole risposte comportamentali nell’esercizio della genitorialità possono assumere il
significato di reazioni occasionali che non si ripeteranno o risposte organizzate in pattern che si
ripetono.
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È importante analizzare i pattern di funzionamento, cioè le sequenze ripetitive che definiscono le
relazioni.
I differenti fattori nel modello assumono diversi gradi di importanza in base alla fase di evoluzione
delle competenze parentali.
Inoltre sono molto importanti sia la qualità della relazione di attaccamento che i genitori hanno
sperimentato in età infantile con le proprie figure di allevamento, sia la relazione attuale tra i
partner, mentre le competenze necessarie a occuparsi di un figlio preadolescente o adolescente
dipendono dall’abilità di monitorare le influenze esercitate dalle relazioni con i pari.
Nella parte destra del modello ci sono due ampie dimensioni come esito del processo evolutivo: la
dimensione dell’adattamento cioè la competenza parentale capace di integrare le molteplici
influenze personali e relazionali con le esigenze del bambino, e il maladattamento che indica una
difficoltà nella modulazione dell’esercizio della genitorialità.
La competenza genitoriale è un percorso in cui parametri si delineano nel tempo come risultato di
approssimazioni e aggiustamenti definiti dai figli stessi, dalle relazioni, dagli eventi.
La dimensione dell’adattamento, che implica una relazione ancora preservata in senso positivo fra
genitori e figli, può essere compresa e spiegata nei termini di presenza o prevalenza di fattori
protettivi che possono contrastare i fattori di rischio e di stress e che consentono a genitori, pur
segnati da difficoltà e ostacoli, di comprendere e affrontare adeguatamente le esigenze del
bambino.
Possiamo individuare due tipi di funzionamento parentali: uno più lesivo delle esigenze di cura e di
accudimento e caratterizzato dall’assenza di fattori protettivi e dalla presenza di fattori di rischio e
di fattori di stress, e l’altro attraversato da criticità e disequilibri che creano disagi nei figli e
contrassegnato dalla coesistenza di fattori di rischio e di fattori protettivi.
2.Fattori di rischio e fattori protettivi
2.1.Rischio, protezione e resilienza
Negli individui e nelle famiglie esistono una dinamicità e una stretta interrelazione tra eventi
positivi e negativi, non riducibili alla semplice individuazione descrittiva degli uni e degli altri.
Non si può pensare di ipotizzare una popolazione a rischio e una popolazione non a rischio poiché
esiste una continuità incompatibile con dimensioni polarizzate.
Vi è quindi una propensione a voler rintracciare fattori plurimi co-occorrenti che si basa su un
concetto di causalità multifattoriale che spesso ha portato i ricercatori a individuare un profilo di
rischio, desumibile dalla presenza di indicatori cumulativi derivanti da diversi domini di tipo
biologico e/o psicosociale.
Perché questa concezione, in fondo feconda, appare insoddisfacente?
Per il fatto che non riesce a spiegare le ragioni per cui molte persone che sperimentano o hanno
sperimentato svariati eventi negativi presentano la capacità di mantenere un discreto
adattamento, di adottare strategie di coping efficaci e sono in grado di conservare aree di
competenze insospettate.
Con il termine resilienza si intende una capacità d’adattamento, di flessibilità, di resistenza allo
stress, all’ansia e all’avversità, essa rappresenta la manifestazione di un adattamento positivo,
nonostante condizioni esistenziali avverse, è un fenomeno che viene inferito dalla coesistenza di
una duplice condizione: la presenza di elevate condizioni avverse e un adattamento relativamente
buono, nonostante condizioni negative.
Le diverse caratteristiche dei soggetti resilienti possono confluire in due principali aree di
competenza: quella relativa alla stima di sé, che si riferisce a una valutazione cognitiva e a
sentimenti autoriferiti sostanzialmente positivi, e quella relativa alla progettualità e pianificazione
futura, intesa come disposizione a perseguire scopi e obiettivi a lungo termine.
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La resilienza quindi implica un’emozionalità temperamentale positiva, una spinta a voler capire e
affrontare i problemi, una certa dose di indipendenza, di iniziativa e di efficacia personale.
Il concetto di resilienza modifica le classiche concezioni sul rischio, cioè la prospettiva della
causalità diretta e quella della causalità multifattoriale; infatti induce a riflettere sul fatto che
un’analisi basata solo sulle condizioni di rischio, non consentirebbe di accorgersi di comprendere la
natura della resilienza e indurrebbe a una sottostima di eventuali abilità e potenzialità degli
individui.
Si parla inoltre di “resilience as a process”, per sottolineare la dimensione dinamica e non statica
della resilienza.
Un’elaborazione, chiamata anche per meccanismi e processi, ha introdotto alcuni concetti chiave
utili a descrivere il modo nuovo in cui si intrecciano questi diversi concetti: quello di risorsa, di
fattori protettivi e di processi protettivi, opposti alla nozione di rischio.
Il concetto di risorsa è inteso in senso generale per indicare gli aspetti concreti e materiali di cui
dispongono gli individui.
Esso si riferisce alle caratteristiche obiettive dell’ambiente sociale e territoriale, quelle abitative ed
economiche della famiglia, alla rete di connessioni parentali e amicali.
I fattori protettivi sono connessi alle relazioni, la qualità dell’ambiente e delle persone con cui si
interagisce o da cui provengono le cure.
I processi protettivi indicano il modo in cui i fattori protettivi agiscono in condizioni di rischio.
Spesso però l’analisi delle risorse, di fattori protettivi e dei processi protettivi non è facile poiché le
famiglie tendono a celare i problemi: quest’atteggiamento rischia di generare in chi deve
effettuare una valutazione un assetto mentale che privilegia ancor di più l’osservazione delle
condizioni di rischio, a scapito dei fattori protettivi.
2.2Fattori distali e fattori prossimali
Le condizioni di rischio implicano l’esposizione a esperienze avverse di tipo cronico o acuto, che
possono lentamente smorzare, distruggere fisicamente e psicologicamente oppure irrompere
nella vita delle persone, in forma di avvenimenti traumatici.
Il concetto di rischio rimanda a eventi di cui si possa valutare e stimare la probabilità e comprende
quindi, da un lato la nozione di caso di probabilità, e dall’altro quella di perdita e di danno.
Nel linguaggio comune il termine rischio ha assunto il significato prevalente di pericolo, tale
nozione viene usata per indicare minacce, danni potenziali e per segnalare condizioni oggettive
con caratteristiche negative.
In realtà il termine rischio ruota essenzialmente attorno al concetto di probabilità ed è quindi
inteso come il prodotto delle probabilità e delle conseguenze del verificarsi di un certo evento
avverso.
Baldwin ha introdotto la distinzione tra fattori distali e fattori prossimali per approfondire le
sfaccettature del concetto di fattori di rischio.
I fattori distali sono così denominati perché esercitano un’influenza indiretta e rappresentano
l’humus su cui vengono a innestarsi altri elementi più vicini e prossimi all’esperienza di cui sono
intessute le relazioni.
Nel modello abbiamo indicato 11 fattori di rischio distali, con molta probabilità esiste una
correlazione interna che lega questi fattori di rischio, ad esempio il disinteresse per lo sviluppo del
bambino potrebbe riguardare genitori con basso livello di istruzione, privi di una rete sociale di
sostegno e provenienti da famiglie povere, essi tuttavia da soli non sono sufficienti a generare
danni o conseguenze.
I fattori prossimali possono essere di rischio o protettivi e vengono così chiamati perché sono
contigui e prossimi da un punto di vista relazionale, coincidono con le esperienze del quotidiano e
si riferiscono a caratteristiche individuali e ambientali oppure a eventi che esercitano un’influenza
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