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Summary Filosofia quinto anno (PROGRAMMA INTERO) - Maturità

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Programma intero del quinto anno di Liceo Classico. Argomenti: -Critici immediati di Kant - Idealismo - Fichte - Hegel - Critica all'hegelismo: Schopenhauer - Kierkegaard - Sinistra hegeliana - Feuerbach - Marx - Engels - Positivismo - Comte - Positivismo utilitaristico - Malthus ...

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  • 24 maart 2024
  • 44
  • 2021/2022
  • Samenvatting
  • Middelbare school
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CRITICI IMMEDIATI DI KANT
Obiettivo: abolire le contraddizioni nella teoria della conoscenza (no critica ontologica).
Kant: cosa in sé = qualcosa che non posso pensare, X sconosciuta. Nella prima ed. della Critica: il fenomeno non è reale,
è un semplice gioco delle nostre rappresentazioni → come posso ammettere l’esistenza di qualcosa che non posso
pensare? Allora nella seconda ed. evita questi passaggi critici → non vuole sfociare nell’idealismo → non possiamo
conoscere la cosa in sé, ma dobbiamo supporla; la realtà esiste indipendentemente da me, anche se non la conosco → la
cosa in sé è un memento critico, altrimenti si giungerebbe all’Io creatore. Fenomeno = oggetto della rappresentazione,
noumeno = concetto limite → il fenomeno è causa del noumeno → ma la categoria di causa non si può applicare al
noumeno, ma solo a ciò che è fenomenico. Viene eliminata dal piano conoscitivo la cosa in sé.


IDEALISMO
 Visioni del mondo che prediligono la dimensione “ideale” (platonismo e cristianesimo);
 idealismo gnoseologico: ridurre l’ogg. della conoscenza a idea o rappresentazione (Sch. “il mondo è una mia
rappresentazione”)
 idealismo romantico: trascendentale (realtà = costruzione della mente), soggettivo (per contrapporlo a
Spinoza, che aveva inteso la Sostanza in termini di ogg. o natura), assoluto (l’Io, lo Spirito, è il principio unico e
non c’è nulla al di fuori di esso).

Con Fichte si passa dal criticismo kantiano (c’è un limite, l’isola) all’idealismo (non c’è un limite, tutto è isola, Hegel:
“tutto è Spirito”). Fichte muove una critica ontologica, metafisica (non gnoseologica) → elimina la cosa in sé.


FICHTE
Kant: Io penso = principio supremo di tutta la conoscenza = Io legislatore. Fichte: se l’Io è l’unico principio del
conoscere, allora è anche infinito.

LA DOTTRINA DELLA SCIENZA (1797)

Dottrina della scienza (1797): l’Io non è solo legislatore, ma anche creatore → l’Io conosce un oggetto che esiste grazie al
soggetto → si elimina l’oggetto (da un pov ontologico) → l’Io, tolto l’oggetto, diventa il tutto, infinito, perché tutto esiste
nell’Io. In Kant l’oggetto elimina il soggetto, in Fichte il soggetto è “libero”, è tutto, tutto diventa “isola”.
La realtà che osservo non è l’Io infinito, ma tanti Io finiti. Deduzione trascendentale: come arrivo dall’Io infinito all’Io
finito?:

1. primo principio (tesi): il principio supremo del sapere non è il principio di identità (A=A), ma l’Io stesso, che a
sua volta non è posto da altri, ma si pone da sé. L’Io è azione, che viene prima dell’essere (“esse sequitur operari”)
→ idealismo etico-soggettivo: l’Io trova il senso del suo sé attraverso l’azione morale e si fonda sul soggetto = Io.
L’Io è al tempo stesso agente (tat) e prodotto (handlung);
2. secondo principio (antitesi): l’Io non solo pone sé, ma oppone a sé stesso qualcosa, che è il non-Io (mondo,
natura, oggetto), nell’Io;
3. terzo principio (sintesi): “l’Io oppone nell’Io all’Io divisibile un non-Io divisibile” = nell’Io infinito ci sono gli Io
divisibili e i non-Io, creazioni dell’Io divisibili, perché siamo parte di un ciclo creatore. Filosofia della libertà:
noi non siamo limitati dall’oggetto, l’abbiamo creato noi; non è quindi un ostacolo, lo posso e lo devo superare
(streben = “sforzo”) → spinti ad agire (per superare un ostacolo attraverso uno streben continuo per creare una
società di essere liberi e razionali) → no filosofia statica.

Per Hegel la filosofia è una retta, infinita → “cattivo infinito”.
Si stabilisce così:

 l’esistenza di un Io infinito, libero e creatore;
 l’esistenza di un Io finito, perché limitato dal non-Io, soggetto empirico;

,  l’esistenza di un non-Io (mondo, natura…) che si oppone all’Io finito, ma è ricompreso nell’Io infinito, dal quale
è posto.

Inoltre:

 i tre principi non vano interpretati in ordine cronologico, ma logico → esiste un Io che deve presupporre
davanti a sé, per essere tale, il non-Io, trovandosi ad esistere concretamente sotto forma di Io finito.
 l’Io è sia finito (perché limitato dal non-Io) sia infinito (perché il non-Io esiste solamente in relazione all’Io e
dentro l’Io);
 l’Io, più che la radice degli Io finiti, è la loro meta ideale → allo stesso modo l’uomo è uno sforzo infinito verso
la libertà, ovvero una lotta inesauribile contro il limite;
 la missione non si conclude mai: se l’Io , al cui essenza vitale è lo streben, riuscisse davvero a superare il limite,
cesserebbe di esistere.

IDEALISMO E DOGMATISMO

 L’idealismo (Platone) consiste nel partire dal soggetto per poi spiegare l’oggetto;
 il dogmatismo/realismo (Aristotele) consiste nel partire dall’oggetto per spiegare il soggetto. Fichte non usa il
termine “realismo” perché lo sta già giudicando.

Chi sceglie il dogmatismo ha un carattere fiacco, passivo, schiavo spiritualmente. L’idealismo, invece, è la dottrina della
libertà, propria di un uomo forte, libero ed indipendente.

LA DOTTRINA DELLA CONOSCENZA

Per conoscenza Fichte intende l'azione del non-Io sull'Io. Egli si proclama realista e idealista al tempo stesso: realista
perché ammette un'influenza del non-Io sull'Io; idealista perché ritiene che il non-Io sia un prodotto dell'Io.
L'ideal-realismo è caratterizzato dalla conoscenza che è già un'azione del non-Io sull'Io empirico (=realismo) e
dall'affermazione che il non-Io, a sua volta, è già una creazione dell'Io e dell'immaginazione (=idealismo).
L'ideal-realismo si avvale dell'immaginazione produttiva (inconsapevole): ricordiamo che per Kant l'immaginazione
produttiva era quella attività a priori che forniva le condizioni formali dell'esperienza schematizzando il tempo secondo
le varie categorie; per Fichte, invece, l'immaginazione produttiva è quell'atto inconscio attraverso cui l'Io pone, o crea, il
non-Io, ovvero il mondo oggettivo di cui l'Io finito ha coscienza.

LA DOTTRINA MORALE

Così come Kant anche Fichte esprime il primato della ragion pratica su tutto: ricordiamo che Kant aveva affermato che
la morale ci dà, sotto forma di postulati, ciò che la scienza ci nega (libertà, immortalità e Dio). Fichte, per primato della
ragion pratica, invece, il fatto che la conoscenza e l'oggetto della conoscenza esistono solo in funzione dell'agire.
Quale è il fine ultimo dell'uomo? Farsi liberi e rendere liberi gli altri in vista della completa unificazione del genere
umano (“Il fine supremo di ogni singolo uomo è il perfezionamento morale di tutto l’uomo”). Chi può aiutare in vista di
questo scopo? I dotti: persone pubbliche con precise responsabilità sociali, essi devono farsi maestri ed educatori della
società. Hanno una missione morale, politica e religiosa (Lezioni sulla missione del dotto, 1794)

LA FILOSOFIA POLITICA

Il pensiero politico di Fichte si articola in due fasi:

1. nella prima fase, lo Stato è liberale e si fa garante solamente dei diritti naturali degli uomini;
2. nella seconda fase, lo Stato diventa più autoritario e regola anche la vita degli uomini, non in grado di gestirsi
autonomamente in maniera positiva.

Il cambiamento dall’ottimismo liberale alla necessitò di uno Stato forte è da ricondurre ai cambiamenti storici vissuti da
Fichte:

 Lezioni sulla missione del dotto (1794): Fichte attribuisce ai “dotti” la missione di educare l’umanità.
L’umanità deve far trionfare lo spirito sulla materia attraverso la cultura. Fiche dice kantianamente che lo Stato
deve garantire i diritti naturali esteriori (vita, libertà fisica di movimento, di espressioni e proprietà), perché

, senza la tutela dello Stato gli individui non potrebbero realizzare una comunità sempre più orientata verso lo
spirito;
 Fondamenti del diritto naturale (1796): iniziano a sorgere i primi dubbi e emerge la domanda se questo
progresso attraverso la cultura sia spontaneo o serva l’intervento dello Stato;
 Stato commerciale chiuso (1800): nell’analisi del rapporto tra politica e economia, Fichte ha la sua svolta
politica. Lo Stato liberale dovrebbe infatti restare fuori dal campo economico, ma in quest’opera Fiche invece
gli dà il compito di regolare l’economia. Fichte non abolisce però la proprietà privata, ma promuove lo Stato
come garante dei diritti sociali e come regolatore della produzione e distribuzione della ricchezza. Altresì, non
vuole eliminare la disuguaglianza ma eliminare gli eccessi di disuguaglianza → in Fichte l’idea di Stato liberale è
diventata così quella di Stato autarchico, perché lo Stato è chiuso e mira all’autosufficienza (no economia di
mercato di Smith, anche per evitare conflitti). Lo Stato pensa al cittadino, il quale sacrifica la sua individualità
per il bene comune → per gli idealisti l’individuo non è per lo Stato, ma lo Stato è per l’individuo → prospettiva
organicistica e statalistica (simile a Rousseau: la volontà generale è la volontà della maggioranza, non dei
singoli);
 Discorsi alla Nazione tedesca (1807-1808): dopo la sconfitta di Jena (ebbe luogo il 14 ottobre 1806 nel corso
della guerra della quarta coalizione, tra la Grande Armata francese, guidata da Napoleone Bonaparte e l'esercito
prussiano. I combattimenti terminarono con la totale vittoria dei francesi e con la disgregazione dell'esercito
prussiano, erede delle tradizioni di Federico il Grande, che venne quasi completamente disperso o catturato
nella successiva fase di inseguimento), nei Discorsi, scritti sotto censura, Fichte fa un appello alla nazione
tedesca affinché si faccia guida spirituale dell’umanità (“Se voi cadete, l’umanità intera cade con voi, senza
speranza di riscatto futuro”), essendo per tradizione la nazione più spirituale dai tempi di Lutero, Leibniz e Kant.
Viene inoltre espressa l’importanza della lingua tedesca (già Vico aveva capito l’importanza della lingua dei
popoli) che è espressione dell’identità tedesca, non contaminata. Ci sono accenni anche all’Urvolk, al popolo
originario non contaminato. Non si parla però di supremazia militare o politica ma si invita a far rinascere il
senso di identità che Napoleone aveva cancellato. L’educazione nazionale dovrà abolire la differenza fra il
popolo e la classe colta e dovrà riconoscere il lavoro come sua sola legge e l’ingegno e la virtù come fondamento
di vera nobiltà. La parola “razza” e l’idea di supremazia sono presenti, ma:
↳ il primato non è di tipo politico-militare, ma piuttosto spirituale e culturale;
↳ il popolo tedesco deve avere come interesse ultime l’umanità intera;
↳ il fine dell’umanità sono i valori etici della ragione e della libertà.


HEGEL
IL RUOLO DELLA FILOSOFIA
La filosofia sopraggiunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione (nottola di Minerva), comprende la
ragione della realtà alla fine: “il vero è l’intiero”.

IL GIUSTIFICAZIONISMO
Se la realtà è razionalità che si conosce, allora si giustifica la realtà: ciò che accade accade perché deve.
Tutto ciò che è razionale è reale, ma ci sono degli accidenti: l’evento accidentale non costituisce il farsi dello spirito.
Kierkegaard: Hegel mette al centro ciò che non conta e mette da parte l’uomo, lo vanifica, vanifica le sue sofferenze.
Alcuni hanno cercato di salvare “ciò che è vivo” di Hegel, la dialettica, e di distinguerlo da “ciò che è morto”, il sistema.
Oggi capiamo che non si può scindere dialettica e sistema.

LE PARTIZIONI DELLA FILOSOFIA

1. Tesi: l’idea in sé e per sé (logica);
2. antitesi: l’idea fuori di sé, che si aliena dalla realtà (filosofia della natura);
3. sintesi: l’idea che ritorna in sé, che acquista coscienza di sé nell’uomo (filosofia dello spirito)

LA DIALETTICA

Zenone → sofisti → Platone (dialettica = scienza suprema) → Aristotele (detronizza il processo dialettico: sillogismo dialettico =
sillogismo probabile, “logica della parvenza”) → scolastici (dialettica usata nella disputatio → importante soprattutto per
comprendere l’altro punto di vista) → Kant (la dialettica tratta di quell’esigenza insopprimibile dell’uomo di andare oltre l’isola).

, Per Hegel rappresenta al tempo stesso la legge della realtà e la legge del pensiero.
I tre momenti del pensiero:

1. momento astratto (tesi, affermazione): il pensiero è rigido;
2. momento dialettico (antitesi, negazione): è il più importante. Mette in rapporto le varie determinazioni con
determinazioni opposte. Già Eraclito aveva capito l’importanza dell’unità dei contrari;
3. momento speculativo (sintesi, ri-affermazione): toglie il negativo e conserva il vero per definire in modo più ricco ciò
che sto studiando. Ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi.

È una dialettica aperta e progressista: il momento negativo (“travaglio del negativo”) è importante per giungere ad un
altro evento.

LA CRITICA ALLE FILOSOFIA PRECEDENTI

 Illuministi: il loro errore è stato quello di fermarsi alla verstand non andando alla vernuft = realtà, unità →
ideologismo astratto (v. Cuoco e la critica ai giacobini che volevano “esportare” la democrazia);
 Kant: Kant privilegia l’intelletto, Hegel la ragione dialettica. Hegel condanna la filosofia dualistica (antitesi tra
“essere” e “dover essere”, tra realtà e ragione), secondo la quale la realtà si deve adeguare al “dover essere” → non
guarda alla realtà;
 romanticismo: contesta loro il primato del sentimento e gli atteggiamenti individualistici. Con loro condivide però il tema
dell’infinito;
 Fichte: gli riconosce il merito di aver eliminato la cosa in sé, ma lo accusa di “cattivo infinito”, cioè di aver ridotto
l’infinito a semplice meta ideale dell’Io finito;
 Schelling: lo accusa di aver cercato di rivendicare un posto alla natura e la sintesi non distingue le varie terminazioni.

FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO (1807)

È la storia di come la coscienza arriva a conoscersi.

 Prospettiva diacronica: “verticale”, ordine cronologico;
 prospettiva sincronica: “orizzontale”, ordine logico (tesi – antitesi – sintesi).

Le figure sono tappe ideali dello spirito che hanno trovato una loro esemplificazione tipica nel corso della storia.
La prima parte della fenomenologia si divide in tre momenti: coscienza, autocoscienza e ragione.
Il punto di partenza della coscienza è la certezza sensibile che, pur apparendo a la più sicura, è la più povera. Essa non
rende certi che di questa cosa. Ora, il questo non dipende dalla cosa ma dall’io che la considera. Perciò la certezza
sensibile non è che la certezza di un Io universale.
Se dalla certezza sensibile si passa alla percezione si ha lo stesso rinvio all’io universale: un oggetto non può essere
percepito come uno, nella molteplicità delle sue qualità, se l’io non prende su di sé l’affermata unità. Se infine si passa
dalla percezione all’intelletto, questo vede nell’oggetto un semplice fenomeno. Poiché il fenomeno è solo nella
coscienza, la coscienza a questo punto ha risolto l’oggetto in se stessa ed è diventata coscienza di sé, autocoscienza.
Con l’autocoscienza, il centro dell’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto. L’uomo, secondo Hegel, è autocoscienza
solo se riesce a farsi riconoscere da un’altra autocoscienza. Tale riconoscimento non passa attraverso l’amore (dove non
c’è una forte antitesi, c’è un’unità “a buon mercato”), ma attraverso il conflitto tra le autocoscienze, che si conclude con il
subordinarsi di un autocoscienza sull’altra nel rapporto servo-signore.

LA FIGURA SERVO-PADRONE
Il signore è colui che, per la propria indipendenza, ha rischiato la vita fino alla vittoria, mentre il servo è colui ha
preferito la perdita della propria indipendenza pur di avere salva la vita. Tuttavia, tale dinamica provoca una paradossale
inversione di ruoli. Il signore, inizialmente indipendente, si limita a godere passivamente del lavoro altrui, finendo per
rendersi dipendente dal servo. Invece quest’ultimo, nella misura in cui padroneggia e trasforma le cose, finisce per
rendersi indipendente. L’indipendenza del servo passa nei tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro.
Dinanzi alla morte, lo schiavo ha sperimentato il proprio essere. Nel servizio la coscienza si auto-disciplina e impara a
vincere i suoi impulsi naturali. Infine, nel lavoro il servo, formando le cose, trova se stesso nella propria opera. La figura
del servo-signore è stata apprezzata dai marxisti, i quali hanno visto in essa l’importanza del lavoro e la configurazione
dialettica della storia.
Protagora, Rousseau (valore formativo del lavoro, Emilio), “il lavoro rende liberi”.

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